ALL’
ISTITUTO PER LA VIGILANZA
SULLE
ASSICURAZIONI PRIVATE E DI INTERESSE COLLETTIVO
Via
Vittoria Colonna 39
00100
ROMA
ATTO
DI DIFFIDA
Oggetto:
Esposto – denuncia contro ANIA e Compagnie Assicuratrici operanti nel
territorio nazionale.
Il sottoscritto dott. Ing. Pietro Gori
nato a Guarcino (FR) il
13-3-33- residente in 00161- Roma
Via Lucca n 33 nella sua qualità
di Coordinatore del
Sindacato Autonomo Periti Rami Elementari inoltra il seguente atto di diffida.
ESPONE
Si sono rivolti al nostro costituendo Sindacato
alcuni Periti Liberi Professionisti, denunciando
il seguente fatto:
“ Molte
Compagnie di Assicurazione, per le perizie e liquidazioni, hanno
deciso di affidare tutto il lavoro a grandi studi peritali che, come
altri della stessa importanza commerciale, hanno intrapreso una politica di
acquisizione del lavoro che definirei monopolistica e non professionale, ma
capitalistica in quanto sotto forma societaria. “
Questo costituendo Sindacato
richiama al rispetto delle
condizioni di polizza le Compagnie e censura
quei colleghi che hanno rinunciato
ad essere dei professionisti.
Ai colleghi che intendono
monopolizzare il mercato trasformando gli studi in società, alle compagnie di
assicurazione sfugge un primo elemento ostativo; in Italia, e fino a quando non
sarà modificata la legge, non è assolutamente possibile esercitare l’attività
libero-professionale attraverso forme di società commerciali o di società
cooperative; la attività professionale sotto forma di una SpA, una società di
persone, una società cooperativa costituiscono un esercizio impersonale.
Dottrina e giurisprudenza
prevalenti sono giunte a riconoscere che l’unica forma societaria ammessa per
l’ esercizio della libera professione, oltre alla società atipica di cui alla
legge 1815/39, sia la società semplice. Questa tesi in ogni caso è avversa da
più giuristi e dalla Corte di Cassazione (1936/74).
A nostro parere,
inoltre, è impossibile l’
applicazione a qualsiasi società se si fa riferimento alle norme relative al
decoro della professione previste dall'art. 2233 del codice civile. Il decoro
non può che essere riferito al singolo professionista che ha svolto l'incarico,
e non sicuramente ad una società, ai cui utili possono partecipare anche
soggetti che non hanno preso parte alla specifica attività.
Inoltre
sul professionista gravano le norme della responsabilità illimitata
nei confronti dei clienti; tale responsabilità viene disattesa qualora
la responsabilità ricadesse su una società di capitali, con un capitale
limitato. Inoltre la limitazione della responsabilità prevista dall'art. 2236
risulterebbe di fatto inapplicabile, perché le situazioni psicologiche ivi
previste (colpa grave o dolo) non possono che essere riferite ad una persona
fisica. Per non parlare, poi, del fatto che
la responsabilità civile ricadrebbe sulla società, e quindi graverebbe
pro quota anche sui singoli soci.
E
vediamo cosa dice il Codice Civile. L'art. 2232 prevede il principio della fìduciarietà
e della personalità dell'incarico, da cui deriva l'interesse del cliente al
fatto che la prestazione sia eseguita da quel determinato professionista
scelto per l’ intuitus personae, sia pure, nei casi previsti, con
l'ausilio di sostituti o di collaboratori. Tale principio è snaturato con l'incarico affidato ad una società, ancorché composta solo
da iscritti ad albi professionali. L'affidamento dell'incarico alla società
sarebbe in contrasto anche con il principio cardine dell'esercizio dell'attività
libero professionale, dell'autonomia e della discrezionalità nell'accettazione
e nell'effettuazione della prestazione.
La
legge 1815/39 tende ad evitare che l'esercizio delle professioni protette venga
esercitato in forma anonima, da persone non iscritte agli albi professionali.
Con l'esercizio in forma societaria tale divieto potrebbe essere aggirato,
togliendo ai terzi la garanzia che deriva dall'affidamento delle funzioni
professionali a soggetti a ciò qualificati, in quanto in possesso dei requisiti
scolastici, civili e penali, e abilitati in base ad apposite prove.
E
la stessa parcella è legata all’art. 2231 che collega il diritto del
compenso per l'opera intellettuale prestata
all’iscrizione ad un albo, iscrizione che le norme in vigore prevedono
solo per le persone fisiche.
I
professionisti debbono rispettare tali norme.
Inoltre
nella liquidazione della parcella si verifica che la ripartizione dei compensi
(proventi al netto delle spese) ad una società non risponde alla logica di
retribuzione della prestazione, ma alla logica della ripartizione in base alle
quote di capitale (possono risultare premiati i soci che apportano ingenti
capitali, in una logica capitalistica, non professionale).
E non va dimenticata la
differenza fra società e professionisti: le
società commerciali sono a tutti gli effetti imprenditori commerciali; esse
non possono avere per oggetto l'esercizio dell'attività professionale di cui
all'art. 2238 del codice civile. L'attività professionale ha natura diversa
dall'attività di impresa commerciale. L'attività in forma di società
commerciale contrasta con l'esercizio della professione, per il suo carattere
patrimoniale, soprattutto per le società di capitali, rispetto a quello
professionale.
Ma
il netto contrasto che si viene a creare riguarda un argomento delicatissimo e
protetto in modo netto da un Garante.
Lo
svolgimento dell'attività libero-professionale è assoggettato ad un dovere di
riservatezza, riconosciuto anche dalla legge (segreto professionale). Tale
dovere è insito nelle norme deontologiche di tutte le professioni.
La
forma societaria nello svolgimento dell'attività professionale non è idonea a
consentire la tutela del segreto professionale. Vi sono, ad esempio, alcuni
obblighi degli amministratori di fornire ai soci le informazioni sulle attività
in corso (artt. 2257 e 2258 del codice civile) che rendono inconciliabile
l'esercizio societario di un'attività professionale protetta.
Ma
quindi, perché il professionista si avvale di una società ?
La normativa fiscale considera reddito di impresa quello derivante dalla
gestione di società di qualunque tipo, mentre è reddito di lavoro autonomo
quello derivante dall'esercizio personale o associato delle libere professioni.
Quindi,
vien fatto di pensare che ciò avvenga per
“ EVADERE ” dal fisco o per aggirarlo.
Ma
andiamo ancora avanti.
Nella
forma monopolistica la parcella non è più libera, ma viene concordata fra le
parti; il professionista assume quindi la netta figura di un dipendente da
impresa. L’art. 2094 dice: «
La subordinazione consiste nell'assoggettamento del prestatore di « opera alle
direttive dell'impresa, assoggettamento che, da una parte è ben diverso dalla
generica sorveglianza spettante al committente e, dall'altra, non sempre si
rivela come assoluta e incondizionata adesione
alla volontà del datore di lavoro, ma assume, nella complessa varietà
dei rapporti, aspetti diversi, in relazione all'indole e alla maggiore o minore
elevatezza delle mansioni del prestatore d'opera ». (Cassazione, 14 gennaio
1954, n. 44).
L’
impossibilità di emettere parcelle secondo le tariffe professionali,
concordando, in forma specifica, tutti
gli importi, è pur sempre una
subordinazione gerarchica, che toglie al professionista
il rispetto delle tariffe fissate dagli Ordini o dai Collegi.
La
Compagnia Assicuratrice in pratica nomina un “proprio dipendente” con ciò
calpestando la norma contrattuale
Il
vincolo che scaturisce fra professionista monopolistico e Assicurazione, la
preoccupazione della propria posizione in atto con la Compagnia,
toglie di fatto al perito quella libertà di pensiero e di azione che sono
attributi essenziali della sua opera.
Nel
regime monopolistico si è venuto a creare di fatto un lavoro dipendente: poiché
una società non può agire che attraverso i suoi organi e le persone che la
rappresentano, l'impresa che designa ora come
perito un proprio dipendente non adempie alla norma contrattuale perché è come
se nominasse se stessa a svolgere la funzione del Perito e
la designazione da parte dell'impresa di un proprio dipendente
all'espletamento del mandato non costituisce nomina di Perito.
Si dice
che grossi studi professionali inglesi hanno monopolizzato il mercato; ma si
ignora che il nostro sistema
giuridico trae origine dal Codice Napoleonico e quindi di conseguenza dal
Diritto Romano, mentre il sistema Inglese trae tutti i suoi frutti sia in campo
civilistico che pubblicistico da un esperienza empirica, quindi dalla
quotidianità del Diritto e dalla sua applicazione.
Il nostro sistema lascia poco
spazio alle innovazioni del potere Giurisdizionale, che non deve far altro che
applicare quanto chiaramente prescritto dal legislatore.
Le Compagnie di Assicurazione
non fanno eccezione ed anche esse devono attenersi a quanto prescritto dalla
legge.
Le associazioni varie dei Periti Liberi
Professionisti possono essere visionate nei vari siti che vengono allegati in
copia e che costituiscono parte integrante del presente; in tali documenti
sono riportati fatti nei quali al Professionista si viene a
sostituire una Società, e sembrano configurarsi situazioni
perseguibili d’ufficio per ogni eventuale mancato rispetto di tutte le
normative di legge.
CHIEDE
che siano accertate tutte le eventuali
responsabilità, commissive ed omissive, connesse ai fatti denunciati negli
allegati documenti;
di essere informati sull’esito delle
verifiche che saranno intraprese.
DIFFIDA
A pronunciarsi sulle suddette richieste entro
il termine di trenta giorni dal ricevimento del presente atto, con avvertenza
che in difetto si provvederà alla tutela dei propri diritti ed interessi, e di
quelli rappresentati, anche in sede giurisdizionale.
La presente diffida è inoltrata anche agli
effetti dell’articolo 328 del Codice penale così come modificato dall’art.
16 della Legge 26.4.1990 n. 86 che punisce con la reclusione fino ad un anno e
con la multa fino a due milioni il Pubblico Ufficiale o l’incaricato di
pubblico servizio che entro trenta giorni dalla richiesta non compie l’atto
del suo ufficio e non risponda per esporre le ragioni del suo ritardo.
Si allega: elenco di società che ricevono incarichi dalle compagnie di Assicurazione.